top of page

IMPARARE A CALMARSI (anche se nessuno ci ha mai insegnato come si fa)

  • Immagine del redattore: Giada Valmonte
    Giada Valmonte
  • 16 ore fa
  • Tempo di lettura: 2 min
ree

Ci sono giorni in cui sembra impossibile calmarsi.
Le emozioni salgono come un’onda: ansia, rabbia, tristezza, senso di colpa.
Ci diciamo “basta, devo stare tranquillo”, ma dentro continua a girare tutto.

E allora ci sforziamo di distrarci, di razionalizzare, o al contrario ci chiudiamo in silenzio.
Solo che non funziona.
E più cerchiamo di controllarci, più ci sentiamo fuori controllo.

Nessuno nasce capace di calmarsi da solo

C’è una cosa che spesso dimentichiamo: la calma non si impara da soli.
Da bambini, quando ci agitavamo o piangevamo, avevamo bisogno di qualcuno che ci tenesse, che ci parlasse piano, che ci facesse sentire al sicuro.
Quella voce, quello sguardo, quel contatto — erano la nostra prima forma di regolazione emotiva.

È così che, pian piano, impariamo a “mettere ordine” dentro di noi: attraverso qualcuno che ci aiuta a farlo.
Se però quella figura non c’è stata, o è stata incostante, il nostro sistema emotivo ha dovuto arrangiarsi.
E da adulti, quando arriva uno stress, possiamo sentire il caos di allora: il bisogno di qualcuno che ci calmi, e allo stesso tempo la difficoltà a trovarlo dentro di noi.

Quando nessuno ci ha insegnato come si fa

Se da piccoli non abbiamo potuto contare su una presenza stabile e accogliente, è probabile che oggi ci calmiamo in modo “creativo” — ma non sempre efficace.

C’è chi si ipercontrolla, cercando di spegnere tutto e fingere che vada bene.
C’è chi si affida agli altri, nel bisogno costante di essere rassicurato.
C’è chi si isola, convinto che mostrare fragilità sia pericoloso.
E c’è chi esplode, perché nessuno gli ha mai insegnato come stare nel mezzo.

Non è colpa nostra: stiamo solo ripetendo il modo in cui abbiamo imparato a sopravvivere alle emozioni troppo forti.

Calmare non significa spegnere

Spesso pensiamo che “calmarsi” voglia dire non sentire più nulla.
In realtà, calmarsi è l’esatto contrario: significa restare con quello che sentiamo, ma in modo gentile.

È riuscire a dirsi:

“Sto provando rabbia, paura o dolore… e va bene così. Posso respirare e restare qui.”

La calma non è assenza di emozioni, ma presenza senza allarme.
È l’adulto che impara ad accogliere ciò che il bambino di ieri non poteva gestire da solo.

Come si impara, adesso

Non è mai troppo tardi per costruire dentro di noi quella voce calma che magari non abbiamo avuto.
Ecco da dove puoi iniziare:

  1. Fermati e respira. Non per “staccare”, ma per sentire cosa succede nel corpo.
  2. Dai un nome all’emozione. Rabbia, paura, tristezza: nominarla la rende meno minacciosa.
  3. Trattati come tratteresti un bambino. Ti parlerebbe così male, se fossi tu il genitore di te stesso?
  4. Cerca connessione, non solitudine. A volte calmarsi vuol dire anche farsi aiutare.
  5. Riconosci i tuoi limiti. Non devi essere forte sempre: la calma nasce dalla realtà, non dalla perfezione.

In sintesi

Imparare a calmarsi non significa diventare impassibili, ma imparare a sentire senza farsi travolgere.
E se nessuno ce l’ha insegnato da piccoli, possiamo farlo adesso, con pazienza e tenerezza.

Perché la calma non è qualcosa che si trova:
è qualcosa che si costruisce, un gesto alla volta,
ogni volta che scegliamo di restare,
anche quando dentro — per un momento — si vorrebbe solo scappare.

 
 
 

Commenti


bottom of page