QUANDO SENTIRSI SBAGLIATI DIVENTA UN'ABITUDINE: IMPARARE A RICONOSCERE IL PROPRIO VALORE
- Giada Valmonte
 - 24 lug
 - Tempo di lettura: 4 min
 

"Sono troppo. Non sono abbastanza."
Due frasi che ci tengono in ostaggio.
Ciao!
Ti è mai capitato di pensare:
"Sono troppo sensibile. Mi emoziono per niente."
"Chiedo troppo. Mi dovrei accontentare."
"Sono un peso."
"Non valgo abbastanza."
"Non sono interessante. Non ho nulla da offrire."
Se almeno una di queste frasi ti suona familiare, sappi che non sei solo. Sono pensieri che vivono dentro tante persone — anche quelle che, all’esterno, sembrano forti, funzionali, capaci.
Questa volta voglio fare qualcosa di diverso.
Vorrei sedermi dall’altro lato della scrivania e lasciarmi andare a una riflessione personale.
✴️ Sembra ci sia una tendenza diffusa a sentirsi inadeguati
Ultimamente ho la sensazione che frasi come “non mi sento all’altezza”, “non sono abbastanza” o “vorrei solo non sentirmi così inadeguato” siano diventate tristemente comuni.
Eppure, ogni volta che le sento, si accende in me qualcosa. Perché il tema dell’inadeguatezza mi sta profondamente a cuore.
Perché credo — davvero — che ogni persona custodisca dentro di sé un grande valore. Ma spesso, quel valore non viene espresso. Rimane soffocato da paura, giudizio, confronti, aspettative.
📍 Dove nasce il senso di “non essere giusti così come siamo”?
Fin dall’infanzia impariamo a modellarci per piacere, per non essere rifiutati, per sentirci amati.
Se cresciamo in ambienti in cui:
le emozioni vengono ridicolizzate (“sei esagerato”, “drammatizzi sempre”),
i bisogni non vengono accolti (“sei troppo esigente”, “non fare il bambino”),
il nostro valore dipende dal rendimento (“solo i migliori meritano attenzione”),
iniziamo a credere che così come siamo, non andiamo bene.
“Se mostro troppo, spavento. Se non do abbastanza, non valgo.”
Questa convinzione si infiltra ovunque: nelle relazioni, nel lavoro, nei momenti di scelta.
🎭 Troppo o non abbastanza: due lati della stessa ferita
A volte ci sentiamo “troppo”:
– troppo intensi, troppo emotivi, troppo fragili.
Altre volte ci sentiamo “non abbastanza”:
– non belli, non competenti, non meritevoli, non amabili.
Ma entrambe queste sensazioni nascono dallo stesso punto:
“Devo essere diverso da come sono per essere accettato.”
🧠 Sentirsi inadeguati ha un nome: Atelofobia
In psicologia esiste un termine per definire la paura persistente di non essere all’altezza: si chiama atelofobia.
Viene dal greco: atelés (imperfetto) + phóbos (paura).
È la paura dell’imperfezione. Di sbagliare. Di deludere.
È quel meccanismo che ci porta a pensare che solo se saremo perfetti, precisi, impeccabili… potremo essere visti, accettati, amati.
Ma questa paura non ci protegge: ci blocca.
👁🗨 Dove si manifesta?
Il senso di inadeguatezza può emergere ovunque:
🏫 A scuola
Quando un voto diventa una sentenza sul nostro valore.
Quando l’errore pesa più del percorso.
Quando il confronto con gli altri genera ansia e vergogna.
💼 Al lavoro
Quando ci convinciamo di non essere all’altezza del nostro ruolo.
Quando ogni feedback negativo diventa un fallimento personale.
Quando ci adattiamo per paura di perdere approvazione o stabilità.
💔 In amore
Quando crediamo di doverci “guadagnare” l’amore.
Quando ci accontentiamo per paura di non meritare di più.
Quando diventiamo invisibili pur di non essere abbandonati.
💬 Le frasi tipiche del sentirsi inadeguato
“Non ce la posso fare.”
“Non sono abbastanza bravo.”
“E se non piaccio?”
“Non so mai cosa dire.”
“Fallirò anche questa volta.”
“Se mi conoscesse davvero, se ne andrebbe.”
Dietro queste frasi si nasconde una convinzione radicata:
“Io valgo meno degli altri.”
🌪 Il bisogno d’amore… può intrappolare
Crescere con l’idea che l’amore va meritato ci porta da adulti a:
tollerare relazioni tossiche,
accettare invalidazione emotiva,
confondere l’amore con la sopravvivenza affettiva.
Ti sei mai adattato pur di non essere lasciato?
Hai mai messo da parte te stesso pur di essere visto?
🚨 L’invalidazione emotiva: la ferita invisibile
“Stai esagerando.”
“Sei sempre la vittima.”
“Forse hai un problema tu.”
Frasi che sembrano leggere, ma scavano a fondo.
Ti fanno dubitare di ciò che provi. Ti portano a pensare che sei tu quello instabile, difficile, “troppo”.
Questa è invalidazione emotiva: quando ciò che senti viene negato, sminuito, ridicolizzato.
E lì, inizia il distacco da sé.
🔄 Quando non sei tu il problema
Vivere a lungo con la sensazione di essere sbagliati, porta a portare colpe che non ci appartengono.
Ti sei adattato. Hai cercato di migliorarti. Hai cambiato forma, voce, ritmo.
Ma non eri tu il problema.
E forse oggi è il momento di restituire quelle colpe a chi te le ha appoggiate sulle spalle.
🔄 Come si cambia prospettiva?
Ecco alcuni spunti concreti:
Interrompi il confronto costante.
Guarda meno gli altri, guarda più te stesso.
Accogli le critiche costruttive, non le svalutazioni.
C’è una differenza tra chi ti aiuta a crescere e chi ti spegne.
Ascolta la tua voce.
Quella vera. Quella che sa cosa desideri e cosa non puoi più tollerare.
Fai una lista.
Di ciò che sai fare. Di ciò che ti rende unico.
Di ciò che vuoi migliorare non per piacere agli altri, ma per te.




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