Quando il senso di colpa svanisce: il potere nascosto dei gruppi
- Giada Valmonte
- 2 ott
- Tempo di lettura: 3 min

Ti è mai capitato di assistere a qualcosa di sbagliato senza intervenire, pensando “qualcuno lo farà”? O di giustificare una scelta poco etica con un “tanto lo fanno tutti”?
In quei momenti, anche senza accorgertene, potresti aver attivato un meccanismo di disimpegno morale.
Albert Bandura, psicologo canadese e padre della teoria dell’apprendimento sociale, ha descritto in modo approfondito come e perché le persone riescano a compiere azioni che contraddicono i propri principi morali senza provare un senso di colpa. Tra questi meccanismi, uno dei più diffusi — e insidiosi — è proprio la diffusione della responsabilità.
Disimpegno morale: quando ci assolviamo da soli
Secondo Bandura, ognuno di noi ha una sorta di “freno interno” che ci impedisce di agire contro i nostri valori. Tuttavia, questo freno può essere temporaneamente disattivato.
Quando ciò accade, l’individuo riesce a ridefinire cognitivamente un comportamento sbagliato, trasformandolo in qualcosa di accettabile — o almeno, giustificabile.
Questo processo si chiama disimpegno morale. È ciò che permette di:
giustificare un’azione come “necessaria”;
minimizzarne le conseguenze;
attribuire la colpa ad altri (o alle circostanze);
deumanizzare la vittima;
o, come nel caso che vedremo, distribuirne la responsabilità su più persone.
La diffusione della responsabilità: “Se lo fanno tutti, non è così grave”
Tra i meccanismi descritti da Bandura, la diffusione della responsabilità si attiva soprattutto nei contesti di gruppo.
Il principio è semplice: quando più persone sono coinvolte in un’azione immorale, ciascuna si sente meno responsabile.
Si abbassa la soglia del senso di colpa. E si smette di chiedersi: “Io, personalmente, cosa sto facendo?”
📌 Esempi quotidiani:
Commentare con insulti sotto un post, perché “è pieno di gente che lo fa”.
Infrangere il codice della strada pensando “tanto qui nessuno rispetta i limiti”.
Fare battute sessiste in gruppo, ridendo insieme: “Dai, era solo una battuta, ci stavamo scherzando tutti”.
La normalizzazione collettiva di certi comportamenti riduce la percezione individuale di responsabilità, rendendo più facile la giustificazione interna.
Quando la responsabilità si dissolve: esempi reali
🕯️ Il caso Kitty Genovese (New York, 1964)
È l’esempio più noto nella psicologia sociale.
Kitty Genovese fu aggredita e uccisa vicino casa. 38 persone udirono le sue urla. Nessuno intervenne in tempo.
Perché?
Ognuno pensava che “qualcun altro avrebbe fatto qualcosa”. Questo ha dato origine al concetto di “bystander effect”, ovvero effetto spettatore, che ha molto in comune con la diffusione della responsabilità.
📧 Sul lavoro
Hai mai notato come, quando arriva una mail inviata a tutti i membri del team, spesso nessuno risponde subito?
Ciascuno si aspetta che lo faccia qualcun altro. La responsabilità della risposta si diluisce.
Se invece la stessa mail arriva solo a te, ti senti coinvolto direttamente — e quindi agisci.
📉 Whistleblowing e frodi aziendali
Molti scandali finanziari sono stati coperti per anni perché nessun dipendente denunciava, pur essendo a conoscenza di irregolarità.
In parte per paura, certo. Ma anche per la convinzione che “non spetta a me”, “qualcuno lo farà”, o “non posso essere l’unico a prendere posizione”.
🏭 Inquinamento e scelte ambientali
Uno degli esempi più attuali.
Gettare una bottiglia per terra, consumare in modo eccessivo, non fare la raccolta differenziata… sono azioni spesso giustificate con un semplice pensiero:
“Tanto lo fanno tutti, cosa vuoi che cambi se lo faccio anche io?”Qui il senso di responsabilità personale evapora, diluito nel mare delle abitudini collettive.
Perché funziona?
Questi meccanismi non si attivano per cattiveria, ma per difendere la nostra immagine di noi stessi.
La dissonanza cognitiva — ovvero il disagio che proviamo quando ci comportiamo in modo contrario ai nostri valori — può essere molto scomoda.
Per questo, ci autoassolviamo, spesso senza nemmeno rendercene conto.
Diffondere la responsabilità diventa un modo efficace per “tranquillizzare” la nostra coscienza:
“Non è solo colpa mia.”
“Eravamo tutti d’accordo.”
“Era una scelta del gruppo.”
Un antidoto possibile? La responsabilità personale
Riconoscere questo meccanismo è il primo passo per riappropriarsi della propria capacità di scelta.
La prossima volta che ti sorprendi a pensare “lo fanno tutti”, prova a chiederti:
Che parte ho io, in questa situazione?
Cosa succederebbe se nessuno prendesse posizione?
E se fossi io, l’unico, a poter cambiare le cose — anche solo un po’?
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